PACEM IN TERRIS Sulla pace fra
tutte le genti L'ordine
nell'universo I - L'ORDINE
TRA GLI ESSERI UMANI Il diritto
all'esistenza e ad un tenore di vita dignitoso
7. Ogni essere
umano ha il diritto al rispetto della sua persona; alla buona
riputazione; alla libertà nella ricerca del vero, nella manifestazione
del pensiero e nella sua diffusione, nel coltivare l'arte, entro i
limiti consentiti dall'ordine morale e dal bene comune; e ha il diritto
all'obiettività nella informazione. Il diritto di
onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza 8. Ognuno ha il
diritto di onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza; e
quindi il diritto al culto di Dio privato e pubblico. Infatti, come
afferma con chiarezza Lattanzio: "Siamo stati creati allo scopo di
rendere a Dio creatore il giusto onore che gli è dovuto, di riconoscere
lui solo e di seguirlo. Questo è il vincolo di pietà che a lui ci
stringe e a lui ci lega, e dal quale deriva il nome stesso di
religione" (Divinae institutionis, lib. IV, c. 28, 2 PL, 6,535). Ed il
nostro predecessore di i. m. Leone XIII cosi si esprime: "Questa
libertà vera e degna dei figli di Dio, che mantiene alta la dignità
dell'uomo, è più forte di qualunque violenza ed ingiuria, e la Chiesa
la reclamò e l'ebbe carissima ognora. Siffatta libertà rivendicarono
con intrepida costanza gli apostoli, la sancirono con gli scritti gli
apologisti, la consacrarono gran numero di martiri col proprio sangue"
(Enc. Libertas praestantissimum di Leone XIII). Il diritto alla
libertà nella scelta del proprio stato 9. Gli esseri
umani hanno il diritto alla libertà nella scelta del proprio stato; e
quindi il diritto di creare una famiglia, in parità di diritti e di
doveri fra uomo e donna; come pure il diritto di seguire la vocazione
al sacerdozio o alla vita religiosa (cf. Radiomessaggio natalizio di
Pio XII, 1942). Diritti
attinenti il mondo economico 10. Agli esseri
umani è inerente il diritto di libera iniziativa in campo economico e
il diritto al lavoro (cf. Radiomessaggio di Pentecoste di Pio XII, 10). Diritto di
riunione e di associazione 11. Dalla
intrinseca socialità degli esseri umani fluisce il diritto di riunione
e di associazione; come pure il diritto di conferire alle associazioni
la struttura che si ritiene idonea a perseguire gli obiettivi delle
medesime; e il diritto di muoversi nell'interno di esse di propria
iniziativa e sulla propria responsabilità per il concreto perseguimento
di detti obiettivi (cf. enc. Rerum novarum di Leone XIII). Diritto di
emigrazione e di immigrazione 12. Ogni essere
umano ha il diritto alla libertà di movimento e di dimora nell'interno
della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto,
quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre
comunità politiche e stabilirsi in esse (cf. Radiomessaggio natalizio
di Pio XII, 1952). Per il fatto che si è cittadini di una determinata
comunità politica, nulla perde di contenuto la propria appartenenza, in
qualità di membri, alla stessa famiglia umana; e quindi l'appartenenza,
in qualità di cittadini, alla comunità mondiale. Diritti a
contenuto politico 13. Dalla
dignità della persona scaturisce il diritto di prender parte attiva
alla vita pubblica e addurre un apporto personale all'attuazione del
bene comune. "L'uomo, come tale, lungi dall'essere l'oggetto e un
elemento passivo nella vita sociale, ne è invece e deve esserne e
rimanerne il soggetto, il fondamento e il fine" (cf. Radiomessaggio
natalizio di Pio XII, 1944). Indissolubile
rapporto fra diritti e doveri nella stessa persona 15. Nella
convivenza umana ogni diritto naturale in una persona comporta un
rispettivo dovere in tutte le altre persone: il dovere di riconoscere e
rispettare quel diritto. Infatti ogni diritto fondamentale della
persona trae la sua forza morale insopprimibile dalla legge naturale
che lo conferisce, e impone un rispettivo dovere. Coloro pertanto che,
mentre rivendicano i propri diritti, dimenticano o non mettono nel
debito rilievo i rispettivi doveri, corrono il pericolo di costruire
con una mano e distruggere con l'altra. Nella mutua
collaborazione 16. Gli esseri
umani, essendo persone, sono sociali per natura. Sono nati quindi per
convivere e operare gli uni a bene degli altri. Ciò richiede che la
convivenza umana sia ordinata, e quindi che i vicendevoli diritti e
doveri siano riconosciuti ed attuati; ma richiede pure che ognuno porti
generosamente il suo contributo alla creazione di ambienti umani, in
cui diritti e doveri siano sostanziati da contenuti sempre più ricchi. In attitudine
di responsabilità 17. La dignità
di persona, propria di ogni essere umano, esige che esso operi
consapevolmente e liberamente. Per cui nei rapporti della convivenza, i
diritti vanno esercitati, i doveri vanno compiuti, le mille forme di
collaborazione vanno attuate specialmente in virtù di decisioni
personali; prese cioè per convinzione, di propria iniziativa, in
attitudine di responsabilità, e non in forza di coercizioni o pressioni
provenienti soprattutto dall'esterno. Convivenza
nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà 18. La
convivenza fra gli esseri umani è quindi ordinata, feconda e
rispondente alla loro dignità di persone, quando si fonda sulla verità,
conformemente al richiamo dell'apostolo Paolo: "Via dunque da voi la
menzogna e parli ciascuno col suo prossimo secondo verità, poiché siamo
membri gli uni degli altri" (Ef 4,25). Ciò domanda che siano
sinceramente riconosciuti i reciproci diritti e vicendevoli doveri. Ed
è inoltre una convivenza che si attua secondo giustizia o
nell'effettivo rispetto di quei diritti e nel leale adempimento dei
rispettivi doveri; che è vivificata e integrata dall'amore,
atteggiamento d'animo che fa sentire come propri i bisogni e le
esigenze altrui, rende partecipi gli altri dei propri beni e mira a
rendere sempre più vivida la comunione nel mondo dei valori spirituali;
ed è attuata nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di
esseri portati dalla loro stessa natura razionale ad assumere la
responsabilità del proprio operare. 19. La
convivenza umana, venerabili fratelli e diletti figli, deve essere
considerata anzitutto come un fatto spirituale: quale comunicazione di
conoscenze nella luce del vero; esercizio di diritti e adempimento di
doveri; impulso e richiamo al bene morale; e come nobile comune
godimento del bello in tutte le sue legittime espressioni; permanente
disposizione ad effondere gli uni negli altri il meglio di se stessi;
anelito ad una mutua e sempre più ricca assimilazione di valori
spirituali: valori nei quali trovano la loro perenne vivificazione e il
loro orientamento di fondo le espressioni culturali, il mondo
economico, le istituzioni sociali, i movimenti e i regimi politici, gli
ordinamenti giuridici e tutti gli altri elementi esteriori, in cui si
articola e si esprime la convivenza nel suo evolversi incessante. 20. L'ordine
tra gli esseri umani nella convivenza è di natura morale. Infatti, è un
ordine che si fonda sulla verità; che va attuato secondo giustizia;
domanda di essere vivificato e integrato dall'amore; esige di essere
ricomposto nella libertà in equilibri sempre nuovi e più umani. Segni dei tempi 21. Tre
fenomeni caratterizzano l'epoca moderna. 22. In secondo
luogo viene un fatto a tutti noto, e cioè l'ingresso della donna nella
vita pubblica: più accentuatamente, forse, nei popoli di civiltà
cristiana; più lentamente, ma sempre su larga scala, tra le genti di
altre tradizioni o civiltà. Nella donna, infatti, diviene sempre più
chiara e operante la coscienza della propria dignità. Sa di non poter
permettere di essere considerata e trattata come strumento; esige di
essere considerata come persona, tanto nell'ambito della vita domestica
che in quello della vita pubblica. 23. Infine la
famiglia umana, nei confronti di un passato recente, presenta una
configurazione sociale-politica profondamente trasformata. Non più
popoli dominatori e popoli dominati: tutti i popoli si sono costituiti
o si stanno costituendo in comunità politiche indipendenti. 24. Gli esseri
umani, in tutti i paesi e in tutti i continenti, o sono cittadini di
uno stato autonomo e indipendente, o stanno per esserlo; nessuno ama
sentirsi suddito di poteri politici provenienti dal di fuori della
propria comunità umana o gruppo etnico. In moltissimi esseri umani si
va cosi dissolvendo il complesso di inferiorità protrattosi per secoli
e millenni; mentre in altri si attenua e tende a scomparire il
rispettivo complesso di superiorità, derivante dal privilegio
economico-sociale o dal sesso o dalla posizione politica. 25. E quando i
rapporti della convivenza si pongono in termini di diritti e di doveri,
gli esseri umani si aprono sul mondo dei valori spirituali, e
comprendono che cosa sia la verità, la giustizia, l'amore, la libertà;
e diventano consapevoli di appartenere a quel mondo. Ma sono pure sulla
via che li porta a conoscere meglio il vero Dio, trascendente e
personale; e ad assumere il rapporto fra se stessi e Dio a solido
fondamento e a criterio supremo della loro vita: di quella che vivono
nell'intimità di se stessi e di quella che vivono in relazione con gli
altri. Necessità
dell'autorità e sua origine divina 26. La
convivenza fra gli esseri umani non può essere ordinata e feconda se in
essa non è presente un'autorità che assicuri l'ordine e contribuisca
all'attuazione del bene comune in grado sufficiente. Tale autorità,
come insegna san Paolo, deriva da Dio: "Non vi è infatti autorità se
non da Dio" (Rm 13,1-6). Il quale testo dell'Apostolo viene commentato
nei seguenti termini da san Giovanni Crisostomo: "Che dici? Forse ogni
singolo governante è costituito da Dio? No, non dico questo: qui non si
tratta infatti di singoli governanti, ma del governare in se stesso.
Ora il fatto che esista l'autorità e che vi sia chi comanda e chi
obbedisce, non proviene dal caso, ma da una disposizione della
Provvidenza divina" (In Epist. ad Rom., c. 13, vv. 1-2, homil XXIII).
Iddio, infatti, ha creato gli esseri umani sociali per natura; e poiché
non vi può essere "società che si sostenga, se non c'è chi sovrasti gli
altri, muovendo ognuno con efficacia ed unità di mezzi verso un fine
comune, ne segue che alla convivenza civile è indispensabile l'autorità
che regga; la quale, non altrimenti che la società, è da natura, e
perciò stesso viene da Dio" (Enc. Immortale Dei di Leone XIII). 27. L'autorità
non è una forza incontrollata: è invece la facoltà di comandare secondo
ragione. Trae quindi la virtù di obbligare dall'ordine morale: il quale
si fonda in Dio, che ne è il primo principio e l'ultimo fine. "Lo
stesso ordine assoluto degli esseri e dei fini che mostra l'uomo come
persona autonoma, vale a dire soggetto di doveri e di diritti
inviolabili, radice e termine della sua vita sociale, abbraccia anche
lo Stato come società necessaria, rivestita dall'autorità, senza la
quale non potrebbe né esistere, né vivere... E poiché quell'ordine
assoluto, alla luce della sana ragione, e segnatamente della fede
cristiana, non può avere altra origine che in un Dio personale, nostro
Creatore, ne consegue che la dignità dell'autorità politica è la
dignità della sua partecipazione all'autorità di Dio" (cf.
Radiomessaggio natalizio, di Pio XII, 1944). 28. L'autorità
che si fonda solo o principalmente sulla minaccia o sul timore di pene
o sulla promessa e attrattiva di premi, non muove efficacemente gli
esseri umani all'attuazione del bene comune; e se anche, per ipotesi,
li movesse, ciò non sarebbe conforme alla loro dignità di persone, e
cioè di esseri ragionevoli e liberi. L'autorità è, soprattutto, una
forza morale; deve, quindi, in primo luogo, fare appello alla
coscienza, al dovere cioè che ognuno ha di portare volonterosamente il
suo contributo al bene di tutti. Sennonché gli esseri umani sono tutti
uguali per dignità naturale: nessuno di esso può obbligare gli altri
interiormente. Soltanto Dio lo può, perché egli solo vede e giudica gli
atteggiamenti che si assumono nel segreto del proprio spirito. 29. L'autorità
umana pertanto può obbligare moralmente soltanto se è in rapporto
intrinseco con l'autorità di Dio, ed è una partecipazione di essa (cf.
enc. Diuturnum illud di Leone XIII). 30. L'autorità,
come si è detto, è postulata dall'ordine morale e deriva da Dio.
Qualora pertanto le sue leggi o autorizzazioni siano in contrasto con
quell'ordine, e quindi in contrasto con la volontà di Dio, esse non
hanno forza di obbligare la coscienza, poiché "bisogna obbedire a Dio
piuttosto che agli uomini"; (At 5,29) in tal caso, anzi, l'autorità
cessa di essere tale e degenera in sopruso. "La legge umana in tanto è
tale in quanto è conforme alla retta ragione e quindi deriva dalla
legge eterna. Quando invece una legge è in contrasto con la ragione, la
si denomina legge iniqua; in tal caso però cessa di essere legge e
diviene piuttosto un atto di violenza" (Summa Theol., I-II, q. 93, a. 3
ad 2). 31. Tuttavia
per il fatto che l'autorità deriva da Dio, non ne segue che gli esseri
umani non abbiano la libertà di scegliere le persone investite del
compito di esercitarla; come pure di determinare le strutture di poteri
pubblici, e gli àmbiti entro cui e i metodi secondo i quali l'autorità
va esercitata. Per cui la dottrina sopra esposta è pienamente
conciliabile con ogni sorta di regimi genuinamente democratici (cf.
enc. Diuturnum illud di Leone XIII). 32. Tutti gli
esseri umani e tutti i corpi intermedi sono tenuti a portare il loro
specifico contributo all'attuazione del bene comune. Ciò comporta che
perseguano i propri interessi in armonia con le sue esigenze; e
adducano, allo stesso scopo, gli apporti - in beni e servizi - che le
legittime autorità stabiliscono, secondo criteri di giustizia, nella
debita forma e nell'ambito della propria competenza; e cioè con atti
formalmente perfetti e i cui contenuti siano moralmente buoni o,
almeno, ordinabili al bene. Aspetti
fondamentali del bene comune 33. Vanno
certamente considerati come elementi del bene comune le caratteristiche
etniche che contraddistinguono i vari gruppi umani (cf. enc. Summi
Pontificatus di Pio XII). Però quei valori e quelle caratteristiche non
esauriscono il contenuto del bene comune. Il quale nei suoi aspetti
essenziali e più profondi non può essere concepito in termini
dottrinali e meno ancora determinato nei suoi contenuti storici che
avendo riguardo all'uomo, essendo esso un oggetto essenzialmente
correlativo alla natura umana (cf. enc. Mit brennender Sorge di Pio XI). 34. In secondo
luogo quello comune è un bene a cui hanno diritto di partecipare tutti
i membri di una comunità politica, anche se in grado diverso a seconda
dei loro compiti, meriti e condizioni. I poteri pubblici quindi sono
tenuti a promuoverlo a vantaggio di tutti senza preferenza per alcuni
cittadini o per alcuni gruppi di essi, come insegna il nostro
predecessore Leone XIII. "Né in veruna guisa si deve far sì che la
civile autorità serva all'interesse di uno o di pochi, essendo essa
invece stabilita a vantaggio di tutti" (Enc. Immortale Dei di Leone
XIII: Acta Leonis). Però ragioni di giustizia e di equità possono
talvolta esigere che i poteri pubblici abbiano speciali riguardi per le
membra più deboli del corpo sociale, trovandosi esse in condizioni di
inferiorità nel far vedere i loro diritti e nel perseguire i loro
legittimi interessi (cf. enc. Rerum novarum di Leone XIII). 35. Ma qui
dobbiamo richiamare l'attenzione sul fatto che il bene comune ha
attinenza a tutto l'uomo: tanto ai bisogni del suo corpo che alle
esigenze del suo spirito. Per cui i poteri pubblici si devono adoperare
ad attuarlo nei modi e nei gradi che ad essi convengono; in maniera
tale però da promuovere simultaneamente, nel riconoscimento e nel
rispetto della gerarchia dei valori, tanto la prosperità materiale che
i beni spirituali (cf. enc. Summi pontificatus di Pio XII). 36. Nell'epoca
moderna l'attuazione del bene comune trova la sua indicazione di fondo
nei diritti e nei doveri della persona. Per cui i compiti precipui dei
poteri pubblici consistono, soprattutto, nel riconoscere, rispettare,
comporre, tutelare e promuovere quei diritti; e nel contribuire, di
conseguenza, a rendere più facile l'adempimento dei rispettivi doveri.
"Tutelare l'intangibile campo dei diritti della persona umana e
renderle agevole il compito dei suoi doveri vuol essere ufficio
essenziale di ogni pubblico potere" (cf. Radiomessaggio di Pentecoste). 37. È quindi
compito fondamentale dei poteri pubblici disciplinare e comporre
armonicamente i rapporti tra gli esseri umani in maniera che
l'esercizio dei diritti negli uni non costituisca un ostacolo o una
minaccia per l'esercizio degli stessi diritti negli altri, e si
accompagni all'adempimento dei rispettivi doveri; ed è ancora compito
loro tutelare efficacemente o ripristinare l'esercizio di tali diritti
(cf. enc. Divini Redemptoris di Pio XI). 38. È inoltre
un'esigenza del bene comune che i poteri pubblici contribuiscano
positivamente alla creazione di un ambiente umano nel quale a tutti i
membri del corpo sociale sia reso possibile e facilitato l'effettivo
esercizio degli accennati diritti, come pure l'adempimento dei
rispettivi doveri. Infatti l'esperienza attesta che qualora manchi una
appropriata azione dei poteri pubblici, gli squilibri economici,
sociali e culturali tra gli esseri umani tendono, soprattutto
nell'epoca nostra, ad accentuarsi; di conseguenza i fondamentali
diritti della persona rischiano di rimanere privi di contenuto; e viene
compromesso l'adempimento dei rispettivi doveri. 39. È perciò
indispensabile che i poteri pubblici si adoperino perché allo sviluppo
economico si adegui il progresso sociale; e quindi perché siano
sviluppati, in proporzione dell'efficienza dei sistemi produttivi, i
servizi essenziali, quali: la viabilità, i trasporti, le comunicazioni,
l'acqua potabile, l'abitazione, l'assistenza sanitaria, l'istruzione,
condizioni idonee per la vita religiosa, i mezzi ricreativi. E devono
anche provvedere a che si dia vita a sistemi assicurativi in maniera
che, al verificarsi di eventi negativi o di eventi che comportino
maggiori responsabilità familiari, ad ogni essere umano non vengano
meno i mezzi necessari ad un tenore di vita dignitoso; come pure
affinché a quanti sono in grado di lavorare sia offerta una occupazione
rispondente alle loro capacità; la rimunerazione del lavoro sia
determinata secondo criteri di giustizia e di equità; ai lavoratori,
nei complessi produttivi, sia acconsentito svolgere le proprie attività
in attitudine di responsabilità; sia facilitata la istituzione dei
corpi intermedi che rendono più articolata e più feconda la vita
sociale; sia resa accessibile a tutti, nei modi e gradi opportuni, la
partecipazione ai beni della cultura. Equilibrio fra
le due forme di intervento dei poteri pubblici 40. Il bene
comune esige che i poteri pubblici, nei confronti dei diritti della
persona, svolgano una duplice azione: l'una diretta a comporre e
tutelare quei diritti, l'altra a promuoverli. In materia però va posta
la più vigilante attenzione perché le due azioni siano saggiamente
contemperate. Si deve quindi evitare che, attraverso la preferenza data
alla tutela dei diritti di alcuni individui o gruppi sociali, si creino
posizioni di privilegio; e si deve pure evitare che, nell'intento di
promuovere gli accennati diritti, si arrivi all'assurdo risultato di
ridurre eccessivamente o renderne impossibile il genuino esercizio.
"Dev'essere sempre riaffermato il principio che la presenza dello Stato
in campo economico non va attuata per ridurre sempre più la sfera di
libertà della iniziativa personale dei singoli cittadini, ma per
garantire a quella sfera la maggiore ampiezza possibile, nell'effettiva
tutela, per tutti e per ciascuno, dei diritti essenziali della persona"
(Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII). Struttura e
funzionamento dei poteri pubblici 41. Non si può
stabilire, una volta per sempre, qual è la struttura migliore secondo
cui devono organizzarsi i poteri pubblici, come pure il modo più idoneo
secondo il quale devono svolgere le loro specifiche funzioni, e cioè la
funzione legislativa, amministrativa, giudiziaria. 42. Però
affinché l'accennata organizzazione giuridica-politica delle comunità
umane arrechi i vantaggi che le sono propri, è indispensabile che i
poteri pubblici si adeguino nei metodi e nei mezzi alla natura e
complessità dei problemi che sono chiamati a risolvere nell'ambiente in
cui operano; ed è pure indispensabile che ognuno di essi svolga la
propria funzione in modo pertinente. Ciò comporta che il potere
legislativo si muova nell'ambito dell'ordine morale e della norma
costituzionale, e interpreti obiettivamente le esigenze del bene comune
nell'incessante evolversi delle situazioni; che il potere esecutivo
applichi le leggi con saggezza nella piena conoscenza delle medesime e
in una valutazione serena dei casi concreti; che il potere giudiziario
amministri la giustizia con umana imparzialità, inflessibile di fronte
alle pressioni di qualsivoglia interesse di parte, e comporta pure che
i singoli cittadini e i corpi intermedi, nell'esercizio dei loro
doveri, godano di una tutela giuridica efficace tanto nei loro
vicendevoli rapporti che nei confronti dei funzionari pubblici (cf.
Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1942). Ordinamento
giuridico e coscienza morale 43. Un
ordinamento giuridico in armonia con l'ordine morale e rispondente al
grado di maturità della comunità politica, di cui è espressione,
costituisce, non v'è dubbio, un elemento fondamentale per l'attuazione
del bene comune. La
partecipazione dei cittadini alla vita pubblica 44. È
un'esigenza della loro dignità di persone che gli esseri umani prendano
parte attiva alla vita pubblica, anche se le forme con cui vi
partecipano sono necessariamente legate al grado di maturità umana
raggiunto dalla comunità politica di cui sono membri e in cui operano. Segni dei tempi 45.
Nell'organizzazione giuridica delle comunità politiche nell'epoca
moderna, si riscontra anzitutto la carta dei diritti fondamentali degli
esseri umani: carta che viene, non di rado, inserita nelle costituzioni
o che forma parte integrante di esse. 46. Però le
tendenze, di cui si è fatto cenno, sono pure un segno indubbio che gli
esseri umani, nell'epoca moderna, hanno acquistato una coscienza più
viva della propria dignità: coscienza che, mentre li sospinge a
prendere parte attiva alla vita pubblica, esige pure che i diritti
della persona - diritti inalienabili e inviolabili - siano riaffermati
negli ordinamenti giuridici positivi; ed esige inoltre che i poteri
pubblici siano formati con procedimenti stabiliti da norme
costituzionali, ed esercitino le loro specifiche funzioni nell'ambito
di quadri giuridici. Soggetti di
diritti e di doveri 47.
Riaffermiamo noi pure quello che costantemente hanno insegnato i nostri
predecessori: le comunità politiche, le une rispetto alle altre, sono
soggetti di diritti e di doveri; per cui anche i loro rapporti vanno
regolati nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante,
nella libertà. La stessa legge morale, che regola i rapporti fra i
singoli esseri umani, regola pure i rapporti tra le rispettive comunità
politiche. 48. Infine è
pure da ricordare che anche nella regolazione dei rapporti fra le
comunità politiche, l'autorità va esercitata per attuare il bene
comune, che costituisce la sua ragione di essere. Elemento però
fondamentale del bene comune è il riconoscimento e il rispetto
dell'ordine morale. "L'ordine tra le comunità politiche ha da essere
innalzato sulla rupe incrollabile e immutabile della legge morale,
manifestata dal Creatore stesso per mezzo dell'ordine naturale e da lui
scolpita nei cuori degli uomini con caratteri incancellabili... Quale
faro splendente, essa deve, coi raggi dei suoi principi, dirigere il
corso dell'operosità degli uomini e degli Stati, i quali avranno da
seguirne le ammonitrici, salutari e proficue segnalazioni, se non
vorranno condannare alla bufera e al naufragio ogni lavoro e sforzo per
stabilire un nuovo ordinamento" (cf. Radiomessaggio di Pentecoste,
1941). Nella verità 49. I rapporti
fra le comunità politiche vanno regolati nella verità. La quale esige
anzitutto che da quei rapporti venga eliminata ogni traccia di
razzismo; e venga quindi riconosciuto il principio che tutte le
comunità politiche sono uguali per dignità di natura; per cui ognuna di
esse ha il diritto all'esistenza, al proprio sviluppo, ai mezzi idonei
per attuarlo, ad essere la prima responsabile nell'attuazione del
medesimo; e ha pure il diritto alla buona reputazione e ai dovuti onori. 50. Non ci sono
esseri umani superiori per natura ed esseri umani inferiori per natura;
ma tutti gli esseri umani sono uguali per dignità naturale. Di
conseguenza non ci sono neppure comunità politiche superiori per natura
e comunità politiche inferiori per natura: tutte le comunità politiche
sono uguali per dignità naturale, essendo esse dei corpi le cui membra
sono gli stessi esseri umani. Né va quindi dimenticato che i popoli, a
ragione, sono sensibilissimi in materia di dignità e di onore. Secondo
giustizia 51. I rapporti
fra le comunità politiche vanno inoltre regolati secondo giustizia: il
che comporta, oltre che il riconoscimento dei vicendevoli diritti,
l'adempimento dei rispettivi doveri. Il trattamento
delle minoranze 52. Dal XIX
secolo una tendenza di fondo assai estesa nell'evolversi storico è che
le comunità politiche si adeguano a quelle nazionali. Però, per un
insieme di cause, non sempre riesce di far coincidere i confini
geografici con quelli etnici: ciò dà origine al fenomeno delle
minoranze e ai rispettivi complessi problemi. Radiomessaggio
natalizio di Pio XII, 1941). 53. Qui però va
rilevato che i membri delle minoranze, come conseguenza di una reazione
al loro stato attuale o a causa delle loro vicende storiche, possono
essere portati, non di rado, ad accentuare l'importanza degli elementi
etnici, da cui sono caratterizzati, fino a porli al di sopra dei valori
umani; come se ciò che è proprio dell'umanità fosse in funzione di ciò
che e proprio della nazione. Mentre saggezza vorrebbe che sapessero
pure apprezzare gli aspetti positivi di una condizione che consente
loro l'arricchimento di se stessi con l'assimilazione graduale e
continuata di valori propri di tradizioni o civiltà differenti da
quella alla quale essi appartengono. Ciò però si verificherà soltanto
se essi sapranno essere come un ponte che facilita la circolazione
della vita nelle sue varie espressioni fra le differenti tradizioni o
civiltà, e non invece una zona di attrito che arreca danni innumerevoli
e determina ristagni o involuzioni. Solidarietà
operante 54. I rapporti
tra le comunità politiche vanno regolati nella verità e secondo
giustizia; ma quei rapporti vanno pure vivificati dall'operante
solidarietà attraverso le mille forme di collaborazione economica,
sociale, politica, culturale, sanitaria, sportiva: forme possibili e
feconde nella presente epoca storica. In argomento occorre sempre
considerare che la ragione d'essere dei poteri pubblici non è quella di
chiudere e comprimere gli esseri umani nell'ambito delle rispettive
comunità politiche; è invece quella di attuare il bene comune delle
stesse comunità politiche; il quale bene comune però va concepito e
promosso come una componente del bene comune dell'intera famiglia umana. 55. Sulla terra
esiste un numero rilevante di gruppi etnici, più o meno accentuatamente
differenziati l'uno dall'altro. Però gli elementi che caratterizzano un
gruppo etnico non devono trasformarsi in uno scompartimento stagno in
cui degli esseri umani vengano impediti di comunicare con gli esseri
umani appartenenti a gruppi etnici differenti: ciò sarebbe in stridente
contrasto con un'epoca come la nostra, nella quale le distanze tra i
popoli sono state quasi eliminate. Né va dimenticato che se, in virtù
delle proprie peculiarità etniche, gli esseri umani si distinguono gli
uni dagli altri, posseggono però elementi essenziali comuni, e sono
portati per natura a incontrarsi nel mondo dei valori spirituali, la
cui progressiva assimilazione apre ad essi possibilità di
perfezionamento senza limiti. Deve quindi essere loro riconosciuto il
diritto e il dovere di vivere in comunione gli uni con gli altri. 56. Come è
noto, vi sono sulla terra paesi che abbondano di terreni coltivabili e
scarseggiano di uomini; in altri paesi invece non vi è proporzione tra
le ricchezze naturali e i capitali a disposizione. Ciò pure domanda che
i popoli instaurino rapporti di mutua collaborazione, facilitando tra
essi la circolazione di capitali, di beni, di uomini (cf. enc. Mater et
magistra di Giovanni: XXIII). Il problema dei
profughi politici 57. Il
sentimento di universale paternità che il Signore ha acceso nel nostro
animo, ci fa sentire profonda amarezza nel considerare il fenomeno dei
profughi politici: fenomeno che ha assunto proporzioni ampie e che
nasconde sempre innumerevoli e acutissime sofferenze. 58. Siamo lieti
di cogliere l'occasione per esprimere il nostro sincero apprezzamento
per tutte le iniziative suscitate e promosse dalla solidarietà umana e
dall'amore cristiano allo scopo di rendere meno doloroso il trapianto
di persone da un corpo sociale ad un altro. Disarmo 59. Ci è pure
doloroso costatare come nelle comunità politiche economicamente più
sviluppate si siano creati e si continuano a creare armamenti
giganteschi; come a tale scopo venga assorbita una percentuale
altissima di energie spirituali e di risorse economiche; gli stessi
cittadini di quelle comunità politiche siano sottoposti a sacrifici non
lievi; mentre altre comunità politiche vengono, di conseguenza, private
di collaborazioni indispensabili al loro sviluppo economico e al loro
progresso sociale. 60. In
conseguenza gli esseri umani vivono sotto l'incubo di un uragano che
potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile.
Giacché le armi ci sono; e se è difficile persuadersi che vi siano
persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei
dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto
imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che
metta in moto l'apparato bellico. Inoltre va pure tenuto presente che
se anche una guerra a fondo, grazie all'efficacia deterrente delle
stesse armi, non avrà luogo, è giustificato il timore che il fatto
della sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi bellici
possa avere conseguenze fatali per la vita sulla terra. 61. Occorre
però riconoscere che l'arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro
effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono
impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un
disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti,
adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica: il
che comporta, a sua volta, che al criterio della pace che si regge
sull'equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la
vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi
riteniamo che si tratti di un obiettivo che può essere conseguito.
Giacché esso è reclamato dalla retta ragione, è desideratissimo, ed è
della più alta utilità. 62. È un
obiettivo reclamato dalla ragione. È evidente, o almeno dovrebbe
esserlo per tutti, che i rapporti fra le comunità politiche, come
quelli fra i singoli esseri umani, vanno regolati non facendo ricorso
alla forza delle armi, ma nella luce della ragione; e cioè nella
verità, nella giustizia, nella solidarietà operante. 63. Perciò come
vicario di Gesù Cristo, Salvatore del mondo e artefice della pace, e
come interprete dell'anelito più profondo dell'intera famiglia umana,
seguendo l'impulso del nostro animo, preso dall'ansia di bene per
tutti, ci sentiamo in dovere di scongiurare gli uomini, soprattutto
quelli che sono investiti di responsabilità pubbliche, a non
risparmiare fatiche per imprimere alle cose un corso ragionevole ed
umano. Nella libertà 64. I rapporti
tra le comunità politiche vanno regolati nella libertà. Il che
significa che nessuna di esse ha il diritto di esercitare un'azione
oppressiva sulle altre o di indebita ingerenza. Tutte invece devono
proporsi di contribuire perché in ognuna sia sviluppato il senso di
responsabilità, lo spirito di iniziativa, e l'impegno ad essere la
prima protagonista nel realizzare la propria ascesa in tutti i campi. 65. Una
comunanza di origine, di redenzione, di supremo destino lega tutti gli
esseri umani e li chiama a formare un'unica famiglia cristiana. Per
tale ragione nell'enciclica Mater et magistra abbiamo esortato le
comunità politiche economicamente sviluppate a instaurare rapporti di
multiforme cooperazione con le comunità politiche in via di sviluppo
economico (Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII). 66. Ma non è
mai abbastanza ripetuto che la cooperazione, di cui si è fatto cenno,
va attuata nel più grande rispetto per la libertà delle comunità
politiche in fase di sviluppo. Le quali comunità è necessario che siano
e si sentano le prime responsabili e le principali artefici
nell'attuazione del loro sviluppo economico e del loro progresso
sociale. Segni dei tempi 67. Si diffonde
sempre più tra gli esseri umani la persuasione che le eventuali
controversie tra i popoli non debbono essere risolte con il ricorso
alle armi; ma invece attraverso il negoziato. Interdipendenza
tra le comunità politiche 68. I recenti
progressi delle scienze e delle tecniche incidono profondamente sugli
esseri umani, sollecitandoli a collaborare tra loro e orientandoli
verso una convivenza unitaria a raggio mondiale. Si è infatti
intensamente accentuata la circolazione delle idee, degli uomini, delle
cose. Per cui sono aumentati enormemente e si sono infittiti i rapporti
tra i cittadini, le famiglie, i corpi intermedi appartenenti a diverse
comunità politiche; come pure fra i poteri pubblici delle medesime.
Mentre si approfondisce l'interdipendenza tra le economie nazionali: le
une si inseriscono progressivamente sulle altre fino a diventare
ciascuna quasi parte integrante di un'unica economia mondiale; e il
progresso sociale, l'ordine, la sicurezza, e la pace all'interno di
ciascuna comunità politica è in rapporto vitale con il progresso
sociale, l'ordine, la sicurezza, la pace di tutte le altre comunità
politiche. Insufficienza
dell'attuale organizzazione dell'autorità pubblica nei confronti del
bene comune universale 69. L'unità
della famiglia umana è esistita in ogni tempo, giacché essa ha come
membri gli esseri umani che sono tutti uguali per dignità naturale. Di
conseguenza esisterà sempre l'esigenza obiettiva all'attuazione, in
grado sufficiente, del bene comune universale, e cioè del bene comune
della intera famiglia umana. 70. In seguito
alle profonde trasformazioni intervenute nei rapporti della convivenza
umana, da una parte il bene comune universale solleva problemi
complessi, gravissimi, estremamente urgenti, specialmente per ciò che
riguarda la sicurezza e la pace mondiale; dall'altra parte i poteri
pubblici delle singole comunità politiche, posti come sono su un piede
di uguaglianza giuridica tra essi, per quanto moltiplichino i loro
incontri e acuiscano la loro ingegnosità nell'elaborare nuovi strumenti
giuridici, non sono più in grado di affrontare e risolvere gli
accennati problemi adeguatamente: e ciò non tanto per mancanza di buona
volontà o di iniziativa, ma a motivo di una loro deficienza strutturale. 71. Esiste un
rapporto intrinseco fra i contenuti storici del bene comune da una
parte e la configurazione e il funzionamento dei poteri pubblici
dall'altra. L'ordine morale, cioè, come esige l'autorità pubblica nella
convivenza per l'attuazione del bene comune, di conseguenza esige pure
che l'autorità a tale scopo sia efficiente. Ciò postula che gli organi
nei quali l'autorità prende corpo, diviene operante e persegue il suo
fine siano strutturali e agiscano in maniera da essere idonei a
tradurre nella realtà i contenuti nuovi che il bene comune viene
assumendo nell'evolversi storico della convivenza. Poteri pubblici
istituiti di comune accordo e non imposti con la forza 72. I poteri
pubblici, aventi autorità su piano mondiale e dotati di mezzi idonei a
perseguire efficacemente gli obiettivi che constituiscono i contenuti
concreti del bene comune universale, vanno istituiti di comune accordo
e non imposti con la forza. La ragione è che siffatti poteri devono
essere in grado di operare efficacemente; però, nello stesso tempo, la
loro azione deve essere informata a sincera ed effettiva imparzialità;
deve cioè essere un'azione diretta a soddisfare alle esigenze obiettive
del bene comune universale. Sennonché ci sarebbe certamente da temere
che poteri pubblici supernazionali o mondiali imposti con la forza
dalle comunità politiche più potenti non siano o non divengano
strumento di interessi particolaristici; e qualora ciò non si
verifichi, è assai difficile che nel loro operare risultino immuni da
ogni sospetto di parzialità: il che comprometterebbe l'efficacia della
loro azione. Il bene comune
universale e i diritti della persona 73. Come il
bene comune delle singole comunità politiche, così il bene comune
universale non può essere determinato che avendo riguardo alla persona
umana. Per cui anche i poteri pubblici della comunità mondiale devono
proporsi come obiettivo fondamentale il riconoscimento, il rispetto, la
tutela e la promozione dei diritti della persona: con un'azione
diretta, quando il caso lo comporti; o creando un ambiente a raggio
mondiale in cui sia reso più facile ai poteri pubblici delle singole
comunità politiche svolgere le proprie specifiche funzioni. Segni dei tempi 75. Come è
noto, il 26 giugno 1945, venne costituita l'Organizzazione delle
Nazione Unite (ONU); alla quale, in seguito, si collegarono gli
istituti intergovernativi aventi vasti compiti internazionali in campo
economico, sociale, culturale, educativo, sanitario. Le Nazioni Unite
si proposero come fine essenziale di mantenere e consolidare la pace
fra i popoli, sviluppando fra essi le amichevoli relazioni, fondate sui
principi della uguaglianza, del vicendevole rispetto, della multiforme
cooperazione in tutti i settori della convivenza. Dovere di
partecipare alla vita pubblica 76. Ancora una
volta ci permettiamo di richiamare i nostri figli al dovere che hanno
di partecipare attivamente alla vita pubblica e di contribuire
all'attuazione del bene comune della famiglia umana e della propria
comunità politica; e di adoprarsi quindi, nella luce della fede e con
la forza dell'amore, perché le istituzioni a finalità economiche,
sociali, culturali e politiche, siano tali da non creare ostacoli, ma
piuttosto facilitare o rendere meno arduo alle persone il loro
perfezionamento: tanto nell'ordine naturale che in quello
soprannaturale. 77. Non basta
essere illuminati dalla fede ed accesi dal desiderio del bene per
penetrare di sani principi una civiltà e vivificarla nello spirito del
Vangelo. A tale scopo è necessario inserirsi nelle sue istituzioni e
operare validamente dal di dentro delle medesime. Però la nostra
civiltà si contraddistingue soprattutto per i suoi contenuti
scientifico-tecnici. 78. Amiamo pure
richiamare all'attenzione che la competenza scientifica, la capacità
tecnica, l'esperienza professionale, se sono necessarie, non sono però
sufficienti per ricomporre i rapporti della convivenza in un ordine
genuinamente umano; e cioè in un ordine, il cui fondamento è la verità,
misura e obiettivo la giustizia, forza propulsiva l'amore, metodo di
attuazione la libertà. 79. Nelle
comunità nazionali di tradizione cristiana, le istituzioni dell'ordine
temporale, nell'epoca moderna, mentre rivelano spesso un alto grado di
perfezione scientifico-tecnica e di efficienza in ordine ai rispettivi
fini specifici, nello stesso tempo si caratterizzano non di rado per la
povertà di fermenti e di accenti cristiani. 80. Ma pensiamo
pure che l'accennata frattura nei credenti fra credenza religiosa e
operare a contenuto temporale, è il risultato, in gran parte se non del
tutto, di un difetto di solida formazione cristiana. Capita infatti,
troppo spesso e in molti ambienti, che non vi sia proporzione fra
istruzione scientifica e istruzione religiosa: l'istruzione scientifica
continua ad estendersi fino ad attingere gradi superiori, mentre
l'istruzione religiosa rimane di grado elementare. È perciò
indispensabile che negli esseri umani in formazione, l'educazione sia
integrale e ininterrotta; e cioè che in essi il culto dei valori
religiosi e l'affinamento della coscienza morale procedano di pari
passo con la continua sempre più ricca assimilazione di elementi
scientifico-tecnici; ed è pure indispensabile che siano educati circa
il metodo idoneo secondo cui svolgere in concreto i loro compiti (cf.
enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII). Impegno costante 81. Riteniamo
opportuno di fare presente come sia difficile cogliere, con sufficiente
aderenza, il rapporto fra esigenze obiettive della giustizia e
situazioni concrete; di individuare cioè i gradi e le forme secondo cui
i principi e le direttive dottrinali devono tradursi nella realtà. Rapporti fra
cattolici e non cattolici in campo economico-sociale-politico 82. Le linee
dottrinali tracciate nel presente documento scaturiscono o sono
suggerite da esigenze insite nella stessa natura umana, e rientrano,
per lo più, nella sfera del diritto naturale. Offrono quindi ai
cattolici un vasto campo di incontri e di intese tanto con i cristiani
separati da questa Sede apostolica quanto con esseri umani non
illuminati dalla fede in Gesù Cristo, nei quali però è presente la luce
della ragione ed è pure presente ed operante l'onestà naturale. "In
tali rapporti i nostri figli siano vigilanti per essere sempre coerenti
con se stessi, per non venire mai a compromessi riguardo alla religione
e alla morale. Ma nello stesso tempo siano e si mostrino animati da
spirito di comprensione, disinteressati e disposti ad operare lealmente
nell'attuazione di oggetti che siano di loro natura buoni o riducibili
al bene" (Ivi, p. 456). 83. Non si
dovrà però mai confondere l'errore con l'errante, anche quando si
tratta di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo
morale religioso. L'errante è sempre ed anzitutto un essere umano e
conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona; e va sempre
considerato e trattato come si conviene a tanta dignità. Inoltre in
ogni essere umano non si spegne mai l'esigenza, congenita alla sua
natura, di spezzare gli schemi dell'errore per aprirsi alla conoscenza
della verità. E l'azione di Dio in lui non viene mai meno. Per cui chi
in un particolare momento della sua vita non ha chiarezza di fede, o
aderisce ad opinioni erronee, può essere domani illuminato e credere
alla verità. Gli incontri e le intese, nei vari settori dell'ordine
temporale, fra credenti e quanti non credono, o credono in modo non
adeguato, perché aderiscono ad errori, possono essere occasione per
scoprire la verità e per renderle omaggio. 84. Va altresì
tenuto presente che non si possono neppure identificare false dottrine
filosofiche sulla natura, l'origine e il destino dell'universo e
dell'uomo, con movimenti storici a finalità economiche, sociali,
culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati
da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora
ispirazione. Giacché le dottrine, una volta elaborate e definite,
rimangono sempre le stesse; mentre i movimenti suddetti, agendo sulle
situazioni storiche incessantemente evolventisi, non possono non
subirne gli influssi e quindi non possono non andare soggetti a
mutamenti anche profondi. Inoltre chi può negare che in quei movimenti,
nella misura in cui sono conformi ai dettami della retta ragione e si
fanno interpreti delle giuste aspirazioni della persona umana, vi siano
elementi positivi e meritevoli di approvazione? 85. Pertanto,
può verificarsi che un avvicinamento o un incontro di ordine pratico,
ieri ritenuto non opportuno o non fecondo, oggi invece lo sia o lo
possa divenire domani. Decidere se tale momento è arrivato, come pure
stabilire i modi e i gradi dell'eventuale consonanza di attività al
raggiungimento di scopi economici, sociali, culturali, politici, onesti
e utili al vero bene della comunità, sono problemi" che si possono
risolvere soltanto con la virtù della prudenza, che è la guida delle
virtù che regolano la vita morale, sia individuale che sociale. Perciò,
da parte dei cattolici tale decisione spetta in primo luogo a coloro
che vivono od operano nei settori specifici della convivenza, in cui
quei problemi si pongono, sempre tuttavia in accordo con i principi del
diritto naturale, con la dottrina sociale della Chiesa e con le
direttive della autorità ecclesiastica. Non si deve, infatti,
dimenticare che compete alla Chiesa il diritto e il dovere non solo di
tutelare i principi dell'ordine etico e religioso, ma anche di
intervenire autoritativamente presso i suoi figli nella sfera
dell'ordine temporale, quando si tratta di giudicare dell'applicazione
di quei principi ai casi concreti (Ivi, 456; cf enc. Immortale Dei di
Leone XII; enc. Ubi Arcano di Pio XI, 1922). 86. Non mancano
anime particolarmente dotate di generosità, che, trovandosi di fronte a
situazioni nelle quali le esigenze della giustizia non sono soddisfatte
o non lo sono in grado sufficiente, si sentono accese dal desiderio di
innovare, superando con un babro solo tutte le tappe; come volessero
far ricorso a qualcosa che può rassomigliare alla rivoluzione. Compito immenso 87. A tutti gli
uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di
ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia,
nell'amore, nella libertà: i rapporti della convivenza tra i singoli
esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra
le stesse comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi
e comunità politiche da una parte e dall'altra la comunità mondiale.
Compito nobilissimo quale è quello di attuare la vera pace nell'ordine
stabilito da Dio. 88. Certo,
coloro che prestano la loro opera alla ricomposizione dei rapporti
della vita sociale secondo i criteri sopra accennati non sono molti; ad
essi vada il nostro paterno apprezzamento, il nostro pressante invito a
perseverare nella loro opera con slancio sempre rinnovato. E ci
conforta la speranza che il loro numero aumenti, soprattutto fra i
credenti. È un imperativo del dovere; è un'esigenza dell'amore. Ogni
credente, in questo nostro mondo, deve essere una scintilla di luce, un
centro di amore, un fermento vivificatore nella massa: e tanto più lo
sarà, quanto più, nella intimità di se stesso, vive in comunione con
Dio. Il Principe
della pace 89. Queste
nostre parole, che abbiamo voluto dedicare ai problemi che più
assillano l'umana famiglia, nel momento presente, e dalla cui equa
soluzione dipende l'ordinato progresso della società, sono dettate da
una profonda aspirazione, che sappiamo comune a tutti gli uomini di
buona volontà: il consolidamento della pace nel mondo. 90. È questa
un'impresa tanto nobile ed alta che le forze umane, anche se animate da
ogni lodevole buona volontà, non possono da sole portare ad effetto.
Affinché l'umana società sia uno specchio il più fedele possibile del
regno di Dio, è necessario l'aiuto dall'alto. Per questo la nostra
invocazione in questi giorni sacri sale più fervorosa a colui che ha
vinto nella sua dolorosa passione e morte il peccato, elemento
disgregatore e apportatore di lutti e squilibri ed ha riconciliato
l'umanità col Padre celeste nel suo sangue: "Poiché egli è la nostra
pace, egli che delle due ne ha fatta una sola... E venne ad
evangelizzare la pace a voi, che eravate lontani, e la pace ai vicini"
(Ef 3,14-17). Questa è la
pace che chiediamo a lui con l'ardente sospiro della nostra preghiera. 91. Allontani
egli dal cuore degli uomini ciò che la può mettere in pericolo; e li
trasformi in testimoni di verità, di giustizia, di amore fraterno.
Illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alle sollecitudini
per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il
gran dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le
barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità, a
comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; in
virtù della sua azione, si affratellino tutti i popoli della terra e
fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace. Dato a Roma,
presso S. Pietro, l'11 aprile 1963. IOANNES PP. XXIII |
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